domenica 25 marzo 2012

COME CAMBIA LA PESCA IN EUROPA

COME CAMBIA LA PESCA IN EUROPA
A cura del dottor Erminio Di Nora
I governi europei, riuniti nel Consiglio Ue, stanno discutendo una nuova riforma della pesca sulla base di una nuova proposta della Commissione.
L’intervento è ritenuto “urgente” semplicemente perché da anni i pescherecci catturano una quantità di pesce superiore a quella che può essere ricostituita, esaurendo così i singoli stock ittici e mettendo in pericolo l’ecosistema marino. Attualmente, tre specie su quattro sono sovrasfruttate: l’82% degli stock del Mediterraneo e il 63% dell’Atlantico.
Il settore registra pertanto una diminuzione delle catture e ha di fronte un incerto futuro.
L’obiettivo è la sostenibilità delle quote di cattura per specie attribuite ai singoli stati entro il 2015. Questo vuol dire garantire la riproduzione degli stock e cercare di assicurare una redditività di lungo periodo, ovvero arrivare a una gestione accertata dei volumi.
Il primo passo cruciale è il divieto dei rigetti in mare che, si calcola, costituiscono il 23% delle catture totali . Questa pratica verrà eliminata secondo un calendario inequivocabile e con un accompagnamento finanziario. I pescatori avranno l’obbligo di sbarcare tutte le specie commerciali che catturano. I pesci sottotaglia non potranno essere venduti per il consumo umano. Dal 2013 tutto il pescato dovrò essere portato a terra e contato per le quote.
i è responsabile delle ispezioni?
I pescherecci devono essere in grado di fornire una documentazione completa di tutte le attività (trasformazione compresa) in modo da consentire il monitoraggio dell’obbligo di sbarcare tutte le catture, e quindi le catture sono di competenza degli Stati.
Attualmente i «piccoli» privati costituiscono il 77%per numero di imbarcazioni, ma solo l’8% in termini di stazza (dimensione delle navi) e il 32% in termini di potenza motrice. Il resto sono grandi pescherecci.
Dal 2014 si vuole un sistema di quote di cattura trasferibili attribuite alle imbarcazioni oltre i 12 metri. Le concessioni saranno ripartite dalle capitali con «modalità trasparenti» e comuni. Esse daranno diritto una fetta percentuale delle capacità nazionali, una sorta di licenza quantitativa per 15 anni, che gli operatori avranno facoltà di affittare o scambiare a livello nazionale. Si verrà insomma a creare un mercato delle quote a metà fra quello delle licenze dei tassisti e quello dei contratti di sfruttamento delle miniere. Il timore è che i pesci grandi possano mangiare i pesci piccoli.
La situazione in Italia
La nostra pesca è ancora piuttosto artigianale. Questo impedisce di guadagnare sui grandi volumi, come fanno Spagna e Francia, ma consente di puntare sulla qualità. Eppure le cose non vanno bene. Secondo il Wwf, la nostra pesca artigianale va meglio tutelata in quanto impiega il 50% delle braccia italiane; sono circa 14 mila persone con un giro di affari di circa 276 milioni all’anno di ricavi. Il problema è che le risorse hanno subito un declino, il 29% in meno di pescato annuale con una riduzione del reddito del 19%. Infine l’incremento delle spese dei carburanti (18%in sei anni), ha inciso sull’economia della pesca artigianale. Le nuove norme entrano in vigore dopo che il Consiglio (cioè i governi) e il Parlamento Ue si saranno pronunciati. L’attuazione sarà progressiva, secondo un calendario che precisa le varie scadenze. Il termine primo auspicato per l’entrata in vigore delle nuove norme è il gennaio 2013.
L’azione dell’Europa è efficace : il caso degli squali
Proprio in questi giorni il Consiglio ha finalmente messo al bando la pratica di pescare gli squali, tagliar loro la penna (prelibata per molti) e “buttarli” a morire in mare. Sinora c’erano delle esenzioni che hanno portato lo squalo a un passo dall’estinzione. Adesso non sarà più permesso a nessuno.
Detto questo, ci si chiede : come può una Regione prendere impegni in sede comunitaria nei confronti dei pescatori in un periodo così complesso e legato a ristrettezze socio-economiche imposte dalla stessa UE?  Come può farlo un parlamentare europeo? Va bene che siamo in prossimità delle elezioni, ma non possiamo prendere in giro chi vive sul mare e per il mare, spesso in condizioni familiari ed economiche difficili.

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